C. invia un pacchetto a I. e lo informa mandandogli un messaggio.
“Il pacchetto è in viaggio”.
“Grazie”.
“50 g, dovrebbero bastarti”.
“Ma non è pericoloso?”
“No, il pacchetto è chiuso bene”.
“E l’odore?”
“Tranquillo, non si sente nulla”.
“E se aprono il pacchetto?”
“La forma e la dimensione del pacchetto non dovrebbe destare sospetti e comunque non ho messo il mittente. Tra un paio di giorni dovrebbe arrivare”.
“Quanto è spesso il pacchetto? Speriamo entri nella fessura della cassetta, altrimenti lo devono appoggiare sopra e chissà cosa succede…”
“Appena arriva, puoi fare una foto e mandarmela? Voglio capire come sta. Poi ti spiego come devi fare”.
“Speriamo che non succeda nulla di strano aprendo il pacchetto”.
Dopo due giorni I. scrive a C.
“È tutta la mattina che sto tenendo d’occhio la cassetta. Ho il videocitofono che inquadra proprio la cassetta quindi ogni tanto schiaccio il pulsante per attivarlo”.
Dopo un’ora I. telefona a C.
“Sono uscito un attimo dall’ufficio, quando sono rientrato ho trovato il pacchetto sulla mia scrivania”.
“L’hai aperto?”
“Non ancora, sono molto curioso”.
“E cosa aspetti? L’hai desiderato tanto!”
“Odore fuori non ce n’è. Procedo con apertura”.
I. apre il pacchetto.
“Caspita, come l’hai sigillato bene, potresti fare l’imballatrice professionista di narcotici”.
“Allora… com’è?”
“Sembra che stia bene, l’odore è buono”.
“Bene, allora il viaggio non gli ha fatto male”.
“E ora che faccio?”
C. racconta a I. cosa deve fare.
Il giorno dopo I. manda un messaggio a C.
“Ieri sera ero un po’ incasinato, l’ho lasciato da mia madre, ma stasera lo porto a casa”.
“Ok, se hai qualche dubbio fammi sapere”.
Due giorni dopo I. telefona a C.
“Oggi l’ho portato in ufficio altrimenti non ci sto con i tempi”.
“L’hai alimentato?”
“Sì, ma credo di avergli dato troppo acqua, spero che non gli faccia male”.
“Non preoccuparti, non è grave”.
“Adesso è qui vicino a me su una sedia in ufficio”.
“Ma come… l’ha visto qualcuno?”
“No, l’ho coperto con la mia giacca-piumino per tenerlo al caldo”.
“Hai fatto bene, non deve prendere freddo”.
“Per stasera dovrei farcela, ti tengo aggiornata”.
“D’accordo”.
Una settimana dopo I. chiama C.
“Sono molto contento del regalo che mi hai fatto, ma non credevo che fosse così impegnativo”.
“Vedrai che ti abitui…”
“Ne sono convinto, però sto già pensando a una soluzione per quando andrò in vacanza”.
“Lo porti con te o lo lasci a qualcuno?”
“Se vado in campeggio o in albergo non posso portarlo”.
“Non puoi lasciarlo a tua madre?”
“Lei non ha la pazienza”.
“Allora chiedi a tua suocera”.
“Di lei mi fido, ma non vorrei darle questo impegno. Altrimenti te lo rispedisco e me lo curi tu”.
“Per me non ci sono problemi, ma trova una soluzione più semplice”.
“Vabbe’… ci penserò”.
“Mi raccomando, però, non farlo morire”.
Dopo una settimana I. scrive a C.
“Stasera ho mangiato la pizza più buona della mia vita”.
“Davvero?”
“Ti sarò sempre grato per avermi donato il tuo Lievito Madre!”
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