Come chiamare pubblicamente il proprio partner?
Vi riporto un pezzo tratto da L’italiano. Lezioni semiserie di Beppe Severgnini.
Molte coppie hanno un problema. Più d’uno, direte voi. D’accordo, ma il problema che c’interessa qui è soltanto linguistico: da non sottovalutare, tuttavia. Come chiamare l’altro/l’altra? Se i due sono sposati, è facile: marito, moglie (solo alcuni sadici dicono la mia signora; le donne, più furbe, evitano di dire il mio signore). Ma se un uomo e una donna stanno insieme fuori dal matrimonio? Che si fa? Durante l’adolescenza la questione si risolve facilmente: il mio ragazzo, la mia ragazza. Se però un anziano vedovo presentasse la compagna settantenne dicendo «Ecco la mia ragazza!» sembrerebbe galante (la prima volta), spiritoso (la seconda volta); ma poi fa la figura del macaco.
Chiamarla compagna, come abbiamo appena fatto? Non va. La compagna/il compagno è sempre di qualcun altro; se è nostra/nostro suona triste, burocratico e politicamente corretto. Partner? Orrendo. Coi partner si fanno gli affari, si gioca a tennis e a bridge: non si va a letto. Dico potenziale? Pacs-abile? Agghiaccianti. Concubina? Già meglio. Ma il termine – ironico – è inutilizzabile nelle presentazioni («Ingegner Bianchi, le presento la dottoressa Rossi e il suo concubino»). Geisha? Non è male: ma al maschile è orribile. Morosa? Il termine, usato fin dal XIII secolo, sta ovviamente per amorosa, ma non è comprensibile in tutte le regioni d’Italia, e rischia di creare equivoci (l’innamorata in Veneto potrebbe essere la debitrice nel Lazio). Fidanzata? C’è chi continua a usarlo vita natural durante, ma a ogni età il significato cambia: fidanzata del teenager = flirt; fidanzata del ventenne = ragazza; fidanzata del trentenne = promessa sposa (oppure avventura); fidanzata del quarantenne = potrei sposarti, ma non sono sicuro; fidanzata del cinquantenne = ci ho pensato, non ti sposo.
Ho lasciato per ultimo il termine più squallido: la mia lei. Quando un uomo si riferisce in questo modo a una donna, con la quale condivide bancomat e dentifricio, andrebbe picchiato con una scarpa (possibilmente, col tacco). Piuttosto che dire la mia lei dite quella lì. Una scarpa in testa la pigliate comunque, ma almeno salvate la dignità di entrambi.
A questo elenco aggiungo altri termini: tipo denota una relazione passeggera; ganzo, seppure di lontane origini, è stato rispolverato ora dai giovani; la mia dolce metà in genere è usato in tono ironico; il mio uomo e la mia donna hanno una componente enfatica…
… e ce ne saranno degli altri.
Dopotutto, usate quello che vi pare.
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Commenti
Voto per “la mia Geisha” e “il mio Signore”.
Purtroppo il mio voto conta meno del 51%