Arancio: albero sempreverde con frutti sferici di color giallo oro, dalla polpa dolce, succosa, giallo-rossigna, e fiori bianchi, di profumo delicato.
Arancia: il frutto dell’arancio.
Questo post nasce per rilevare l’abuso della parola arancio. Parola che ricorre spesso, erroneamente, nel frasario di molte persone. Trovo alquanto irritante sentire la parola arancio per riferirsi al frutto.
Alle persone che mi dicono che al mattino fanno la spremuta d’arancio vorrei chiedere se ha il gusto del legno…
… perché io non ho mai provato il succo di un albero.
Se anche voi cadete in questa scorrettezza, consolatevi sapendo che anche giornalisti, scrittori e conduttori televisivi incorrono nello stesso errore linguistico.
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Commenti
Cosa dire allora quando nel deserto del Sahara ti offrono un giro
in groppa all’inesistente cammello monogibboso?
(e anche in Google vince l’ignoranza: “cammello sahara” batte “dromedario sahara” 12.900 a 9.600)
Ma sappiamo benissimo che le lingue sono fuscelli, altrimenti parleremo ancora latino 😉
Vabbehhh rifletterò meglio dopo essermi fatto una spremuta di Passiflora edulis
perchè ho terminato i frutti del Citrus aurantium.
IG, non ti pensavo così forbito!
Mi sa che è da troppo tempo che fai la corretrice di bozze 🙂
eh sì mondopiccolo, ormai sono affetta da deformazione professionale 🙂
Semplicemente geniale!
E il Juicy Salif di Alessi by Philippe Starck…chissà come si usa per spremere un “arancio”!
La frutta prende il nome, al femminile della pianta che laproduce, (pero – pera ) eccezion fatta per il fico, gli agrumi e i frutti esotici. Questo è quello che ho trovato una volta scritto in una grammatica.
ciao, a proposito di arancia/arancio, io la penso come voi.Pero’ l’altro giorno mi sono sentita correggere perche’ l’accademia della crusca afferma che si possono usare entrambi i termini per indicare il frutto.Cosa ne pensate?
antonella chi ti ha corretto aveva ragione:
http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=8029&ctg_id=93
e vedrai che anche lo Zingarelli si è dovuto correggere qualche lustro fa…
Io, da toscano qual sono, immerso da sempre nel mio personale dialetto che si chiama Lingua Italiana, al succo dell’arancia preferisco il succo della limona, della pompelma, della cedra, con un tocco di scorza di bergamotta, di chinotta, e di altre agrume varie…
Morale: a Pisa e nella maggior parte della Toscana, esclusa Firenze, arancio è il frutto mentre l’albero è piuttosto chiamato ‘pianta di arancio’, pari pari come per il limone, seguendo la regola degli agrumi (pompelmo il frutto; pianta di pompelmi o di pompelmo, la pianta; cedro il frutto, pianta di cedri o cedro il relativo albero – anche per non confondere col cedro conifera; e così via). Io ho una pianta di aranci amari e una pianta di mandaranci nel mio giardino.
A Firenze tendono a preferire la dizione arancia per il frutto.
Giustamente l’Accademia della Crusca dà per corrette entrambe le dizioni, confermando entrambe gli usi toscani.
Ah, per inciso: da noi si mangia da sempre la cioccolata, non il cioccolato!
Sul libro Il nuovo salvalingua di Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, ecco cosa si dice a proposito di frutta:
Cara Luana, Valeria Della Valle e Giuseppe Patota farebbero bene a non ritenersi al di sopra dell’Accademia della Crusca, come autorità linguistiche. Il frutto degli aranci o piante d’arancio che dir si voglia, si può chiamare correttamente sia arancio sia arancia. La dizione arancia va diffondendosi sempre più, sia perché è quella generalmente adottata in ambito commerciale, sia perché è prevalente in televisione, sicché ha finito per essere creduta l’unica dizione corretta da chi la lingua italiana l’ha appresa “dall’esterno”, con tanto di regole regolette e pseudoregole, anziché averla succhiata col latte materno. In Toscana gli agrumi hanno tutti nomi maschili, eccezion fatta per la regione di Firenze e, credo di Prato, ove, limitatamente all’arancio, viene preferita la versione arancia. L’eccezione vera sono se mai le clementine (che però in Toscana tendono a trasformarsi sempre più di frequente in “clementini”: a riprova della ripugnanza spontanea dei toscani a considerare femminili gli agrumi: chissà poi perché). Termino chiarendo che il mapo, checché ne pensino Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, non è affatto un frutto esotico, ma un ibrido relativamente recente tra mandarino e pompelmo, dalle cui iniziali ha preso il nome…
All’elenco dei frutti che, pur non essendo agrumi, sono maschili, vanno aggiunti il mirtillo, il melone o popone, il cocomero, il ribes, e probabilmente l’elenco non è ancora finito.
Sapete una cosa? Io ho la licenza media e sono di una ignoranza abissale (tanto che fino ad oggi credevo che l’Accademia della Crusca fosse una specie di scuola nella quale si insegna a macinare il grano e le granaglie in genere), però io ho sempre detto arancio perché così ho imparato da piccolino. Da noi in Sardegna si è sempre detto arangiu (cioè al maschile), così pure con la traduzione in italiano.Da qualche tempo anche qui lo si sta chiamando al femminile, ma se l’Accademia suddetta dice che va bene anche al maschile, vuol dire che la pensano come me.
Semur
Condivido il tuo fastidio! E rilancio la considerazione (in realtà convinzione) che per lo stesso motivo, è corretto riferirsi alle “arancine” (a forma di piccole arance) piuttosto che agli “arancini” (forse a forma di bonsai), quando si vuole ordinare una delle tipiche prelibatezze della tavola calda siciliana.
Ma, purtroppo, anche IG ha ragione, altrimenti avremmo dovuto chiamare le arancine “malunculum sinense” … che non a è caso neutro: la saggezza antica!